Dai il giusto Tone of Voice al tuo profilo!
- Anna Giannalia
- 5 mag 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Egregi lettori sono qui quest’oggi per parlarvi di un tema a me molto caro: il tono of voice da usare su Linkedin.
LinkedIn è un social professionale, questo è chiaro. Molti però confondono la professionalità con l’eccessiva serietà, o peggio, con la necessità di usare un linguaggio forbito e altisonante. No, non ci siamo. La settimana scorsa ho ricevuto un messaggio che mi ha fatto riflettere molto a riguardo. Un nuovo collegamento ha risposto al mio messaggio di collegamento per dirmi che era lieto di aggiungermi, che anche lui aveva un blog, ma che lo utilizzava pochissimo e quindi voleva intensificare la sua attività. Quello che mi ha fatto riflettere, però, sono le espressioni che ha usato: “blog lacunoso”, “contatti asfittici”, “con utilità sociale”. Insomma, il problema non è stato cosa mi ha scritto, ma il linguaggio che ha usato per farlo! LinkedIn è un social professionale, ma resta un social! Non serve usare parole ricercate, linguaggi forbiti, o tanto meno, il “lei”. Signori, chiariamolo, da fastidio il lei per strada, figuriamoci su un social! Sono d’accordo con chi parla di “social professionale” per scoraggiare i post tipici di Facebook. Confesso di aver smesso di seguire una serie di persone che condividevano continuamente post in stile “buongiornissimo” o con foto e articoli a dir poco imbarazzanti. Se vuoi mettere una foto di te con sguardo ammiccante LinkedIn non è il luogo adatto. Ma ho un pensiero diverso sul linguaggio da usare. Il lei e il linguaggio arcaico lasciamoli alle email professionali (o eliminiamoli anche lì!). Esistono settori dove bisogna mantenere un linguaggio molto rigido, quasi noioso. Non è una regola scritta, ma tutti tendono ad essere molto pomposi, quindi volente o nolente ti adegui. Ecco, questi sono i post che io ignoro dopo aver letto un singolo rigo. Lavorare a contatto con manager pomposi non deve renderti noioso. Quando chiedo il collegamento mando sempre un breve messaggio introduttivo, molto schietto e semplice, e ovviamente mi riferisco al destinatario con “Ciao XXX” e uso un linguaggio cordiale e basato sul “tu”. Lo trovo più coerente con la mia posizione, con il settore per cui lavoro. Ma soprattutto, per me, il “lei” è dovuto a chi ha una certa età, o al massimo a chi ricopre delle posizioni assolutamente lontane da me. Non scriverei mai a Sergio Mattarella con “Ehi Sergio, che dici accetti la mia richiesta?”. Ma lui è un’eccezione, e le eccezioni, per me, sono davvero poche. Tutti mi hanno sempre risposto a tono, ringraziandomi per il messaggio, ma soprattutto per la semplicità. Tranne uno. Lui non ha apprezzato, anzi mi ha proprio scritto che lo ha trovato sconveniente. Per la prima volta ho pensato di aver sbagliato tutto finora. Pensavo di aver fatto davvero una cosa brutta, da condannare. Poi ho riflettuto sul suo messaggio. Ha definito il mio messaggio diretto e presuntuoso, così come l’uso del “tu”. Ma davvero è presuntuoso pensare che la persona che voglio inserire nel mio network possa gradire o meno il tu? È sconveniente chiamare qualcuno per nome anche se non l’hai mai incontrato prima?
Certo, c’è anche chi esagera sul versante opposto. Uso frenetico di emoji, battute fuori luogo, commenti non rilevanti e relativi magari alla sfera personale. Non fatelo, anche quello è davvero brutto da guardare! Siamo nel 2020, il lei appartiene a un altro decennio!
Il rispetto non passa da un lei. La professionalità non si legge in un post. La cultura non viene percepita da un vocabolo ricercato. Smettiamola di usare un linguaggio che non ci appartiene, di scrivere post che si ispirano a Dante e Petrarca, di darci delle arie con un post.

Preferisco un emoji a un “dottoressa”. E vi assicuro che non sono l’unica! 😉
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